Dichiarata patrimonio dell’UNESCO nel 1994 e inserita tra le 7 meraviglie naturali del mondo, Halong Bay, letteralmente la baia dove si inabissa il Drago, rappresenta uno dei posti più leggendari del Vietnam, una meta imprescindibile per chiunque decida di organizzare un viaggio in questo paese nel Sud Est Asiatico.
La leggenda narra che molti anni fa, mentre i vietnamiti stavano combattendo gli invasori cinesi gli dèi decisero di mandare in loro aiuto una famiglia di dragoni. I dragoni iniziarono a sputare gioielli che mano a mano si trasformarono nelle oltre 2000 isole e isolotti che punteggiano la baia formando una vera e propia muraglia difensiva contro gli invasori.
Gli abitanti del posto salvarono la propria terra e la trasformarono in quello che poi sarebbe diventato il Vietnam.
Il luogo in cui atterrò il dragone madre venne chiamato Hạ Long, il luogo in cui arrivarono i figli prese invece il nome di Bái Tử Long (Bái: essere al seguito di, Tử: figli, Long: dragone), e il posto in cui i figli agitarono violentemente le proprie code venne chiamato Bạch Long Vỹ (Bạch: colore bianco della schiuma, Long: dragone, Vỹ: coda).
Dopo un viaggio di circa sei ore, in un minivan che l’autista ha deciso di trasformare in una cella frigorifera con quattro ruote, arriviamo a Sapa, una località di montagna situata nel nord ovest del Vietnam. Ad ogni curva la vista sembra mozzare sempre di più il fiato: il panorama di terrazze di riso riempie a perdita d’occhio le ripide colline; per strada contadini che pedalano su biciclette decisamente sovraccariche di frutta e verdura si alternano a buoi e bufali d’acqua, il tutto tra le auto che sfrecciano tra i tornanti strombazzando all’impazzata.
Lo spettacolo naturale si interrompe poco dopo, una volta giunti nel centro di Sapa, dove una fitta rete di negozi e ristoranti si alterna alla miriade di Hotel di recente costruzione. Per un attimo ci sembra di essere tornati ad Hanoi!
A distanza di quasi un anno torno a scrivere sulla mia bacheca per raccontarvi di viaggi, di persone, di posti esplorati e di fotografie scattate.
Dove mi trovo in questo momento? In una stanza di un piccolo hotel nel cuore dell’Old Quarter di Hanoi, in Vietnam.
Si lo so, già sento l’eco dei vostri commenti: “In Vietnam? A fare cosa? Ma tra tutti i posti che ci sono al mondo proprio il Vietnam?”
Ebbene si, mettete per un attimo da parte la guerra e tutto quello che questo povero paese ha attraversato fino alla metà degli anni settanta ed entrate nell’ottica che ad oggi il Vietnam è una nazione sorprendentemente aperta verso gli occidentali, capace di regalarvi incredibili contrasti tra i paesaggi incontaminati delle zoni rurali del nord e le caotiche metropoli pululanti di vita.
Lo ammetto, puntare la sveglia alle 5:00 di mattina per fotografare l’alba, dopo essermi messo a letto solo 3 ore prima è una cosa abbastanza odiosa.
Suona la prima sveglia e la rimando innervosito come se avessi dimenticato che sia stato io a impostarla poco prima.
Ho passato ore a fotografare i canguri quando ero su Kangaroo Island.
Riuscire a ritrarli nel loro habitat naturale, in zone completamente immerse nella natura e in totale libertà è stata davvero una bella emozione.
Con Kangaroo Island (un’isoletta a largo della costa di Adelaide, nel Sud dell’Australia) inauguro quella parte di viaggio un po’ più selvaggia, lontano dal caos della città e dal turismo di massa.
Dopo il volo sull’aereo ad eliche (vd il post precedente), dove ho visto più di una persona sgranare gli occhi ad ogni “colpo” di turbolenza 😆 arrivo finalmente all’aeroporto (cioè una strada asfaltata) di Kingscote. L’aeroporto (cioè la strada) di arrivo non ha un terminal quindi il bagaglio ti viene consegnato praticamente sul bordo della pista di atterraggio, con il tizio che apre il portellone dell’aereo e ti passa la valigia come se fossi appena uscito dal l’autobus 😂
Bene, prendo tutto e mi dirigo velocemente all’unico gabbiotto presente dove si suppone debba ritirare la macchina prenotata presso Hertz. Un po’ di chiacchiere con il tizio al bancone, piantina dell’isola, consigli su cosa visitare durante i prossimi giorni e massima raccomandazione da parte sua nel guidare piano, su strade asfaltate e possibilmente mai di notte. Come arriva la sera infatti i canguri cominciano ad affacciarsi sui bordi della strada, e non immaginate quanti sono sull’isola gli incidenti dovuti all’impatto con le povere bestie.
Il mio primo scatto di Sydney all’ora blu: in primo piano il famoso Harbour Bridge e in basso a destra l’altrettanto famosa Opera House.
Ho passato una giornata intera macinando più di 22km a piedi tra le spiagge di Cogee Beach, Bondi Beach, Bronte Beach per poi gettarmi nel cuore della città.
Adoro attraversare a piedi i ponti delle nuova città in cui metto piede e l’Harbour Bridge non poteva essere da meno.
Il ponte è fantastico e decisamente più imponente dal vivo di quanto mi aspettassi; scopro tra l’altro solo oggi che il suo arco d’acciaio è il più alto e largo al mondo (il ponte in totale è lungo 1.149m).
Attraversandolo a piedi o in auto si arriva alla parte nord di Sydney (Milsons Point) e con un’altra mezzora abbondante arrivate al piccolo parco da cui ho scattato questa foto
La serata si è conclusa con una scrosciata d’acqua e vento e con io che allegramente passeggiavo con tutta l’attrezzatura sotto la pioggia in pieno stile Midnight in Paris 😀
Essenzialmente per raggiungere la cima del Monte Batur (1717m) è necessario, se si vuole vedere l’alba, partire da Ubud alle 2:00 di mattina e raggiungere con un’ora d’auto il campo base dal quale parte il trekking notturno. Per questo motivo un po’ tutti mi avevano consigliato di ritirarmi presto la sera prima del trekking, risposare abbondantemente e recuperare le forze…detto fatto…certo! Sono le 21:00 del 20 Marzo, mi sono appena ritirato nella mia guesthouse dopo un’intera giornata di escursione tra i templi di Mengwi, le risaie di Jatiluwih, e il tempio sull’acqua di Bedugul. Super doccia e subito a letto per cercare di riposare almeno 5 ore ma, nemmeno il tempo di spegnere la luce che ricevo un messaggio da Sophie e Fergus, due ragazzi che ho conosciuto la sera prima al LOL, uno dei pochi locali notturni di Ubud dove si fa musica reggae dal vivo. Sophie e Fergus mi dicono che sono al CP Lounge (un locale distante circa 15 minuti a piedi dalla mia guesthouse) e mi invitano ad andare a bere qualcosa.
Mi sveglio alle 8:00, in una guesthouse di Uluwatu, dopo aver trascorso la notte ad un party allucinante al Single Fin, uno dei locali più famosi di Bali dove ogni domenica c’è questa festa fuori di cranio che comincia al tramonto e finisce alle 5 di mattina (per i dettagli della festa…ci sarà modo di scrivere un altro post 😀).
Fuori diluvia, decido di prendermela con calma e comincio a sistemare la valigia in tutta tranquillità visto che il volo per rientrare in Italia è alle 21.45.
Evidentemente prima di partire dall’Italia, dieci giorni fa, non ho studiato bene le tradizioni balinesi e mi è sfuggito solo un piccolo dettaglio: domani è il NYEPI DAY…niente di particolare…solo il capodanno balinese.